sabato 11 luglio 2009

LA CINA CHE NON CONOSCI... e gli scontri di civiltà dove meno te li aspetti.



Pechino, 11-07-2009

La Cina ha annunciato oggi un nuovo bilancio delle vittime delle violenze interetniche dei giorni scorsi a Urumqi, nella provincia del Xinjiang. Le vittime sarebbero 184 e non 156 come affermato in precedenza. Di questi 137 sono cinesi e 46 sono dell'etnia musulmana e turcofona degli uighuri, secondo l'agenzia Nuova Cina. Non e' chiaro se si tratta di un bilancio definitivo. Le cifre, comunque, vengono contestate dalla comunita' musulmana.

L'esule uighura Rebiya Kadeer ha affermato in una conferenza stampa a Washington D.C. che secondo "informazioni non confermate" provenienti dal Xinjiang i morti potrebbero essere stati mille o forse piu'.

Violenti incidenti sarebbero avvenuti non solo ad Urumqi ma in molti altri centri della regione, secondo la Kadeer. La dinamica dei fatti di Urumqi non e' ancora stata chiarita dalle autorita', che hanno arrestato piu' di mille persone annunciando che i responsabili delle violenze saranno condannati a morte.

Da due giorni sembra tornata la calma, anche se rimane in vigore il coprifuoco dalle 8 di sera alle 7 della mattina e le strade sono presidiate da truppe antisommossa inviate dal governo cinese.
RAINEWS24.it

Urumqui è la capitale della regione cinese di Xinjiang. O del Turkmenistan Orientale, come i suoi abitanti preferiscono chiamarla. E' un'area, confinante con Mongolia a Tibet, dove l'etnia Uighuri (musulmana) costituisce la maggioranza della popolazione.


In questa regione gli Uighuri chiedono da anni l'indipendenza dal gigante asiatico.


Le prime forme di protesta si espressero in maniera pacifica (nel 1962 si registrò un esodo di 60mila persone verso la vicina URSS). Successivamente però l'indipendenza Uighura venne cercata ricorrendo alla violenza, talvolta esercitata, spesso subita, come nel 1990 (rivolta del Baren) che costò la vita a 50 persone. Oppure nel febbraio del 97 allorquando, a seguito di alcuni scontri tra un migliaio di Uighuri e la polizia militare, si scelse la strada del terrore, esercitata attraverso attentati che costarono la vita a 9 uomini, ferendone altri 68.


Quello che sta succedendo in questi giorni è celato da un fitto mistero (il governo di Pechino, oltre al normale controllo dell'informazione, nei giorni scorsi ha oscurato, nella regione, anche Internet).


Amnesty International ha già chiesto che si faccia luce. Sulle vicende come sui caduti che, secondo il governo cinese, sono 187 mentre, secondo l'esule pasionaria Kasser, sarebbero un migliaio.


Restiamo alla finestra...


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